[Il retroscena] La rivolta degli attivisti 5 Stelle: oltre duemila i ricorsi contro le Parlamentarie boomerang

Gli esclusi vanno dagli avvocati. Guidano quattro regioni: Puglia, Calabria, Veneto e Emilia Romagna. E tra i prescelti, alcuni profili sono fuori linea. Grillo cambia il suo blog perché stufo della politica.


Sono circa duemila gli attivisti 5 Stelle esclusi dalle Parlamentarie e dalle liste che si sono rivolti a studi legali per ricorrere contro la loro esclusione dalla selezione per un seggio in Parlamento. Sono soprattutto residenti in quattro regioni, Puglia, Calabria, Veneto e Emilia Romagna. Il motivo del loro scontento è presto detto: non è stato loro consentito di partecipare alla selezione, né al primo né al secondo step, ma nessuno ha mai spiegato loro il perchè. Nessuno ha mai visto il "decreto motivato" previsto in queste circostanze. E dunque, nessuno di loro sa perché è stato escluso da una selezione che doveva essere libera e tra uguali. E, invece, si è rivelata un esercizio di trasparenza assai opaco. Certamente libera. Ma non tra uguali.

Esclusi senza un perché

Molti dei ricorrenti si sono rivolti all’avvocato Lorenzo Borrè, ex militante 5 stelle, in origine affascinato dall’idea della democrazia diretta e dal basso ma presto deluso, già nel 2014, dalle reali prassi pentastellate molto accentrate e verticistiche. A lui furono affidati i ricorsi dei primi cacciati dal Movimento e dalle consultazioni locali – ad esempio Roma e Napoli – e Borrè ha condotto alla vittoria molti ricorrenti. A cominciare dalla ex candidata sindaca di Genova Marika Cassimatis. Borrè ha preferito rifiutare gli incarichi per una questione di coerenza professionale: essendo lui il curatore delle cause intentate alla prima associazione 5 Stelle (“ormai siamo alla terza, quella del 2009, del 2012 e del 2017, differiscono solo per persona giuridica”), non gli sembra corretto curare anche le altre. Il suo studio resta comunque il primo indirizzo a cui un attivista 5 Stelle deluso si rivolge per far valere diritti che ritiene essere stati negati. Nell’ultimo mese c’è stato un gran traffico di telefonate, mail, richieste delle più varie. La regione più attiva per i ricorsi sembra essere la Puglia, circa 400, che è stata la prima a farsi avanti. Mario Giugno di Lecce ha scritto direttamente al candidato premier: “Carissimo Di Maio, io come tanti vecchi ed attivi attivisti siamo stati inaspettatamente esclusi dalle Parlamentarie; pertanto vorrei chiederle, visto che tempo fa le inviai delle email ed anche una pec senza ricevere alcun riscontro, se si tratta di un errore tecnico. Io, iscritto al M5S dal 2013, sono stato certificato dal movimento nel 2015 e sono stato candidato alle Regionali dello stesso anno per la Regione Puglia, portando al movimento solo per la città di Lecce 430 voti. Spero veramente trattasi di un errore tecnico ed aspetto un suo intervento in merito!”. In assenza di risposta si è rivolto all’avvocato. Viviana Guarini, anche lei pugliese, ha chiesto di annullare la votazione. “Se non dovesse accadere questo – ha scritto - sarebbe un attacco alla democrazia senza precedenti. Spero ancora che sia un errore. Sono fuori candidati puliti, competenti e con anni di attivismo alle spalle, che non hanno operato in nessun partito. Sono dentro candidati che non hanno neanche accettato la candidatura. Se non dovessero essere annullate questa volta non basterà un post del blog”. Il web è pieno di queste denunce. E l’hastag #annullatetutto è diventato cibo per studi legali che stanno affilando le armi sul tema. Gli errori ci sono stati, senza dubbio: Sonia Corradi, 44 anni di Fondi ha denunciato ai carabinieri di essere stata candidata a sua insaputa; Andrea Mazzillo, ex assessore al Bilancio in Campidoglio, non è invece mai entrato in gioco nonostante abbia deciso di candidarsi. Solo errori e decisioni prese a tavolino? E se sono state scelte, in base a quali criteri sono state assunte? Il filo rosso che unisce tutti i ricorsi è sempre lo stesso: lo statuto e il regolamento prevedono un atto che motiva l’esclusione. Ma il suddetto decreto non è arrivato a nessuno.

Il boomerang

Il punto è che “la prova di democrazia diretta online che non ha eguali per dimensione e importanza in tutto il mondo e resa possibile grazie all'associazione Rousseau che ha seguito i processi della votazione” (cit.Blog delle stelle) è un boomerang che sta tornando addosso al Movimento. E’ fantastico immaginare che ciascuno, rispettando alcuni criteri, possa decidere di mettersi in gioco e fare politica. E’ meraviglioso pensare che ciò possa avvenire via Web e con un clic. Ma è decisamente antidemocratico, il contrario della trasparenza, verificare poi che la selezione sia avvenuta senza sapere quanti sono stati i votanti, quanti voti ha preso ciascun candidato né chi e come ha deciso chi doveva essere ammesso prima alle Parlamentarie e poi direttamente alle liste e chi no. Del resto, se fosse così facile, i vertici dei partiti non passerebbero le loro ore più brutte intorno a più tavoli a decidere come fare le liste. E’ un lavoro non simpatico che non può, per ovvii motivi, essere affidato ad algoritmi o altre formule magiche che in politica non esistono. Ed è altrettanto chiaro che il legittimo filtro di qualità richiesto da Di Maio e dai vertici della Casaleggio, è antitetico con lo strumento stesso delle parlamentarie.

Il contrappasso

In attesa di sapere che fine faranno i ricorsi e in quali tempi potrebbero agire, tra i “salvati” e gli ammessi alle liste emergono situazioni al limite del paradosso. Capolista in Calabria è un avvocato, Francesco Forciniti, 32 anni, sostenitore della seguente tesi: “L’euro è uno strumento di controllo gestito da una ristretta elite”. Come si concilia questa tesi con il fatto che Di Maio ormai dice che “non è più il momento di uscire dall’euro"? A Pescara, dalle slide dei 20 punti del programma (vi ricordano qualcosa le slide?) è scomparso il referendum sull’euro. Tra gli aspiranti deputati anche un imprenditore veneto (Gedorem Andreatta) che gestisce, in parte, anche un centro di accoglienza per immigrati. Sul web si trovano decine di queste rimostranze. E poi, in base a quale criterio di Statuto, codice etico e regolamento tra i candidati si trovano molti portaborse e addetti stampa attivi in questa legislatura? Anche questo si chiedono gli esclusi.

Grillo stufo della politica

I fatti e non le parole. E i fatti dicono che Beppe Grillo è ormai lontano non solo fisicamente dalla quotidianità del Movimento. I due non parlano più la stessa lingua. E anche gli obiettivi sono diversi. Venerdì mattina, quando ha consegnato il simbolo al Viminale accompagnato da Di Maio e Davide Casaleggio, Grillo ha detto che “le alleanze politiche per i 5 Stelle sono possibili come il fatto che il Panda mangi la carne cruda (mangia solo cuore di bambù, ndr)”. Due ore dopo Di Maio spiegava ai convenuti del meeting di Pescara che “i 5 Stelle chiederanno alle altre forze politiche di fare alleanze su alcuni precisi punti”. Ma la separazione più evidente, ancora più del simbolo da dove è scomparso il nome del fondatore, è nel sito. Il blog di Grillo, fin dal 2008 fenomeno nel mondo digitale nonché motore trainante del Movimento, ormai parla d’altro. L’editoriale titola così: “Progetta il tuo futuro ma con la matita e la penna accanto”. Scrive il comedian: “Inizia adesso un’avventura straordinaria, di liberazione, di fantasia, di utopie, di sogni, di visioni. Andrò in cerca di folli, di artisti; mi piace avere dei punti di vista ma di idee, sono stufo delle opinioni…”. Seguono articoli molto interessanti sull’intelligenza collettiva, le città sull’orlo del collasso, sul giorno in cui i nostri robot ci ameranno. Grillo si è stufato della politica. Il figlio – il Movimento – deve camminare da solo. E questo è un problema per il popolo dei 5 Stelle.

Commenti

Post popolari in questo blog

I presidenti di centrodestra: "Il governo sul dpcm non ha ascoltato le RegionI"

Covid, positivi ma passeggiano per Montorio: “Chiudo tutto se non si rispettano le regole”

La mappa dei dialetti in Italia: in Umbria individuate tredici aree linguistiche